Le basi neurologiche del colore.

I colori sono lunghezze d’onda variabili da 380 nm (nanometro: un milionesimo

di millimetro) del violetto a 760 nm del rosso.

I colori sono sensazioni, non qualità degli oggetti.

La luce riflessa non ha colore, finché non è vista da qualcuno.

Il colore è un fatto psicologico legato alla visione.

Quando le radiazioni solari dello spettro visibile colpiscono l’occhio, attraverso la cornea, l’umore acqueo, il cristallino e l’umore vitreo, stimolano la retina.

Qui ci sono due tipi di terminazioni nervose: i coni e i bastoncelli.

In essi sono contenuti dei pigmenti fotochimici che danno inizio all’impulso nervoso nelle fibre del nervo ottico.

Questo impulso prosegue oltre il chiasma ottico, fino ad arrivare nei corpi genicolati laterali del talamo.

Qui viene rielaborato ed inviato alla proiezione finale dell’area striata del lobo occipitale, dove il colore viene “letto”.

Mentre la lunghezza d’onda compie questo percorso: retina, nervo ottico, corpi genicolati, lobi occipitali, essa invia informazioni a tutte le aree corporee: lobi temporali, talamo, ipotalamo,  funzione reticolare, ipofisi, sistema endocrino,  simpatico,  parasimpatico, neuromuscolare ecc. Con un meccanismo a casata, tutto l’organismo  viene informato del colore in entrata e ogni distretto reagisce con le modalità che ad esso sono proprie.

Quello che è importante sottolineare è che il colore, nel suo percorso, subisce due importanti elaborazioni.

La prima emotiva: “mi piace – non mi piace”, a livello del diencefalo (talamo e ipotalamo) ed è quella  che mobilita il  movimento a cascata delle informazioni.

La seconda razionale: “è blu, è rosso, è giallo ecc.” a livello dell’area occipitale e costituisce la lettura convenzionale del colore.

Per questo motivo si può dire che, razionalmente, il colore è uguale per tutti, perché si tratta della stessa lunghezza d’onda, che colpisce gli stessi ricettori, compie lo stesso percorso, viene letta dalle stesse cellule nervose e riceve dalla mente lo stesso nome convenzionale; ma emotivamente, il colore non è uguale per tutti, perché produce effetti diversi, secondo lo stato neurovegetativo dell’individuo e secondo le condizioni in cui si trovano i vari distretti corporei.

Questo vale non solo per il colore che colpisce la nostra vista, ma anche per quello che colpisce l’epidermide, per effetto di luci, indumenti, oli, unguenti o acque colorate che vengono spalmate sul corpo.

Il colore, comunque somministrato, produce sempre i suoi effetti, e non solo sull’area interessata, ma su  tutto l’organismo.

Tornando al colore visto, possiamo fare una semplice constatazione: il colore rosso e giallo suscitano una reazione piacevole in una persona allegra e dinamica, mentre suscitano repulsione in una persona depressa ed esaurita.

Max Luscher  ha preso  in esame una vasta gamma di queste emozioni e stati psicofisici rivelati dai singoli colori. E’ lui che ha avuto il merito di dare un fondamento scientifico a ciò che, a livello intuitivo, era già noto e diffuso in varie società: Egitto, India,  Tibet, Cina, Grecia, Roma, ecc.

Pertanto possiamo considerare il colore come  un’unità di misura che permette di valutare le infinite variazioni degli stati emotivi, psicofisici o psicosomatici  degli  individui.

Se consideriamo le lunghezze di onda, vediamo che esse sono molto numerose, ma solo quelle comprese tra i 380 nm e i 760 nm, producono l’effetto colore.

Una lunghezza d’onda della gamma colore, quando entra in un sistema in vibrazione, com’è ogni organismo vivente, se è sintonica, cioè gradita (“mi piace”), entrerà a far parte del sistema e lo potenzierà, se è antagonista, cioè sgradita (“non mi piace”), provocherà allarme nel sistema, che entrerà in tensione per respingerla.

Quindi alla base dei test cromatici c’è questo principio:

l’uomo predilige i colori che più corrispondono alla sue vibrazioni neurovegetative, mentre rifiuta quelle contrarie, come disturbanti.

Un principio analogo sta alla base della cromoterapia:

i colori sintonici producono benessere, i colori  distonici producono malessere.

Questi effetti possono essere misurati anche con la reazione neuromuscolare ( chinesiologia applicata, chinesiometro, dinamometro, ecc.)
E’ evidente che se un individuo esprime la sua preferenza per determinati colori, palesa il suo stato emozionale e psicofisico; così pure se rimane esposto alla vibrazione di  certi colori subisce una modificazione emozionale e psicofisica.

Tale modificazione avviene a livello energetico, sottile, subliminale e pertanto può sfuggire alla consapevolezza.

Queste proprietà del colore vengono sfruttate nel campo del “Marketing” per rendere un prodotto desiderabile e seducente; nella cromoterapia per curare disturbi e disfunzioni.

I medici pratici di tutti i tempi hanno sempre saputo che ogni perturbazione fisica o emozionale comporta variazioni epidermiche che vengono rivelate dal colore della pelle, della lingua, degli occhi.

Da queste osservazioni deducevano lo stato di salute del paziente.

Il rapporto che esiste tra la preferenza o il rifiuto di un colore e lo stato psicofisiologico è universale, indipendente dalla razza, dall’ambiente geografico, sociale e dal sesso.

Infatti l’uomo, nella sua storia, è stato esposto alle stesse fonti di colore nelle stesse circostanze.

Anche sugli animali si producono gli stessi effetti.

Uno studioso, Benôit, ha sottoposto un gruppo di anatroccoli alla luce rossa per 120 ore. Poi li ha lasciati liberi in mezzo ad un gruppo di anatroccole.

Risultato: i loro testicoli erano raddoppiati di volume e l’attività sessuale era vertiginosa.

La stessa cosa non si è verificata con il gruppo di controllo irradiata con luce blu.

Anche la capacità di mimetizzarsi con l’ambiente, posseduta da alcuni animali, dimostra che il loro organismo sa registrare e riprodurre a livello epidermico una determinata lunghezza d’onda.

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